Intervista immaginaria: La Noix de Coco (Jeanne Hébuterne) di Modigliani.

 

Jeanne Hébuterne, Noix de Coco (Meaux, 1898 – Parigi, 1920)

Sei conosciuta grazie a una storia d’amore.

Sì, grazie a una storia d’amore.

Lo chiami Modì, Dedo, Amedeo?

Lo chiamo in tutti i modi. Il mio Modì. Il mio Dedo. Il mio Amedeo.

Amedeo Clemente Modigliani, Modì, Dedo (Livorno, 1884 – Parigi, 1920)

Il tuo Modì. Da dove vuoi partire?

Dall’inizio inizio della storia. Perché all’inizio non volevo essere conosciuta per amore, volevo essere pittrice. La più bella pittrice di Parigi. Volevo dipingere tantissimo, tutto il giorno e che le mie tele fossero sparse ovunque e che fossi conosciuta ovunque. Mio fratello diceva che ero brava! Mi ero trasferita e iscritta a Parigi all’Académie Colarossi. La mia famiglia mi ha pagato gli studi perché non sapeva quello che li aspettava. La mia famiglia è bigotta. Benestante e bigotta. Era d’accordo sull’accademia, ma non su quello che ci ho trovato dentro. Modì. L’accademia mi ha portato da lui. Nel 1917. Lui aveva trentadue anni e io diciannove. Lui italiano, io francese. Lui alto alto moro e sicuro. Difficile. Senza soldi. Era bravo, molto più bravo di me. Era agitato, aveva mille rovelli per la testa, mentre il mio unico rovello è diventato lui. Stare dove stava lui.

E così è stato?

Così è stato. A modo nostro.

A modo vostro?

Appiccicati. Eravamo sempre appiccicati. Lui si spostava e io mi spostavo. La mia famiglia lo odiava e io odiavo la mia famiglia. Li ho mollati e sono andata con lui a vivere a Nizza un anno dopo ed è lì che ha iniziato a dipingere tantissimo, come non aveva mai fatto prima. Perché ormai c’ero io, la cosa che preferiva dipingere più al mondo, la cosa che preferiva più al mondo. Mi ritraeva in tutti i modi e io ritraevo lui. Stavamo appiccicati sempre. A volte non parlavamo neanche. La gente ci guardava seduti ai tavoli dei bar appiccicati e ammutoliti. Dicevano che ero scialba perché non parlavo. Ma le parole non serve dirle sempre.

Ritratto di Jeanne Hébuterne, 1919, Amedeo Modigliani, collezione privata

Una storia rosa e fiori insomma…

Con tante spine. C’erano momenti in cui mi mollava per andare a bere da altre parti e quei momenti erano tantissimi. Beveva molto. Moltissimo. Io andavo a casa e lui andava a bere. Lo faceva come mezzo, non come fine. Lo faceva per stimolarsi, sentire di più e di più, produrre di più, vedere di più. Non era un ubriacone, era alcolizzato sì, ma non puzzava mai di vino, non era un ubriacone. Lo criticavano ed etichettavano. Mormoravano, cinguettavano… quelle civette! Quelle carogne beote. Senza sapere cosa dicevano. Beveva e dipingeva e poi sì, guardava le altre donne per dipingere anche loro.

Nu couché, 1917, Modigliani, collezione privata

La Belle Romaine, 1917, Modigliani, collezione privata

Parlami di loro.

Loro. Amedeo le ritraeva nude anche dopo aver incontrato me. C’era Margherita, c’era Thora, c’era Elvira, c’era Lucienne, Gaby. Alcune le preferiva rispetto ad altre, alcune si vedono di più rispetto ad altre, e io molto più delle altre mi sono sempre chiesta il perché. Alcune di loro avevano seni grandissimi e occhi neri nerissimi. È dopo aver visto quegli occhi nei quadri che ho iniziato a chiedermi come sarei stata se avessi avuto gli occhi neri come loro. A volte erano scure, oscure, con mille paturnie e fardelli. Altre volte più pallide e sgonfie, precise. Amedeo le ritraeva spesso nude. Erano belle nude, erano belli quei nudi e mentirei se dicessi il contrario. Ma di quello che sentivo io mentre li faceva non ho voglia di parlare. Era difficile stargli dietro, accanto, ma sono riuscita sempre a farlo e lui è riuscito sempre a tornare da me.

Nudo in piedi, 1918, Modigliani, collezione Walter Hadorn a Berna

Da te. La sua noix de coco.

Sì, così mi chiamava. Noix de coco. Perché come la polpa del cocco la mia pelle era bianca bianca e i miei capelli scuri scuri come l’esterno della noce.

Come era farsi dipingere da lui?

Molti dicevano “era come farsi spogliare l’anima”. Per me era ancora più di questo. A volte era tanto di più che ero contenta non ci mettesse molto a ritrarmi. Solitamente in una o due sedute aveva fatto. Ma poi c’erano altre volte, quelle volte in cui speravo non finisse mai. Modì diceva “non dipingerò nei miei quadri gli occhi fino a quando non conoscerò l’anima delle persone”. Occhi azzurri è uno dei primi ritratti che mi ha fatto. Occhi azzurri, così lo ha intitolato. L’anno in cui ci siamo incontrati.

Occhi azzurri, 1917, Amedeo Modigliani, Philadelphia Museum of Art

Primo ritratto di Noix de Coco, 1917, Modigliani

Nessun rimpianto?

Nessun rimpianto. Quando lui si è ammalato e mi ha lasciato era il 24 gennaio del 1920. Avevamo una bambina. L’abbiamo chiamata Jeanne, come me. Le due cose che amava di più. Due giorni dopo la sua morte non ce l’ho fatta. Sono salita al quinto piano del palazzo e ho guardato giù. Il pancione con il secondo figlio non riusciva a farmi vedere bene, ma mi sono sporta un po’ di più e basta. Ho dedicato tutto a lui, la mia vita e la mia morte e la vita degli altri, ma questa è un’altra storia.

 

 

 

 

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