Pino Pascali in tre opere.

Artista pugliese, eclettico, rivoluzionario. Scultore, scenografo, perfomer, disfa e reinventa quello che trova. È conosciuto soprattutto come uno tra i massimi esponenti dell’arte povera. Cos’è l’arte povera? è un movimento degli anni sessanta che rifiuta l’arte ‘bella’, classica, tradizionale, abituale, fatta di tecnica e di scuola, e utilizza materia povera come gli stracci, il legno, il ferro, la plastica e gli scarti industriali per creare un’opera d’arte e dei concetti più intimi e complessi. 

Cinque bachi da setola – Tra le opere più iconiche: Cinque bachi da setola e un bozzolo, appare a Parigi per la prima volta nel ’68.L’installazione è composta da cinque scopini industriali di nylon di comunissimo uso domestico che simulano dei bachi da seta. Cinque bruchi colorati di plastica stesi a terra che simboleggiano le meraviglie naturali. Il nylon è una materia plastica sintetica, facilmente trafilabile, usata in fili e in tessuto per numerosi scopi industriali. Pascali la utilizza per rappresentare il baco, un insetto di notevole rilievo, pregio, di utilizzo per la produzione della seta, tessuto tutt’altro che povero. 

Il bozzolo viene rappresentato una sola volta, nella galleria l’Attico a Roma nel ’68. Non era previsto. In mezzo ai bachi c’era uno spazio vuoto che l’artista ha riempito con una ragnatela, un corpo sospeso e fragile che accompagna la natura nel loro sviluppo. I bachi da seta sono questo per l’artista, la bellezza della natura. Pascali decide di rappresentarla con i materiali industriali più comuni al mondo e più nemici al mondo della natura stessa.

9 mq di pozzanghere e 32 mq di mare – A volte invece la natura è un materiale costante ed essenziale nelle opere di Pascali: 9 mq di pozzanghere, 1967. 
Mi sento molto attirato dall’acqua, è un vero specchio, l’acqua offre mille possibilità, vorrei fare delle pozzanghere d’acqua fangosa.” (P.P.)

È così che realizza nove pannelli di truciolato laccato e gesso e acqua, acqua vera.  Elemento esistenziale, in cui si nasce, in cui ci si riflette e con il quale si ha un rapporto totale. L’acqua offre mille possibilità e creandone un’opera d’arte in qualche modo Pascali riesce ad afferrare alcune di queste possibilità e a controllarle. 

Nello stesso anno produce 32 mq di mare circa: distribuisce acqua reale in trenta bassi contenitori di alluminio della stessa dimensione e perfettamente geometrici. Aggiunge della polvere di anilina per dare sfumature diverse al colore dell’acqua. Qui l’artista ha ricreato un mare piatto e immobile. Un mare simile a uno specchio, a un pavimento, a una vetrata. Un mare che si può controllare e che attraverso del materiale sintetico può cambiare colore.

Moby Dick – Rappresentativo del mare, un altro simbolo nell’arte di Pascali è la coda di balena, diventata anche logo della Fondazione Pascali a Polignano a Mare e che prende il titolo di Moby Dick (anni ’64 – ’65).Bi e tridimensionale, rappresentata in mille modi diversi, fa parte della fase di Pascali in cui vengono creati rinoceronti, dinosauri, giraffe ed elefanti. A volte utilizza la più tradizionale tecnica mista su cartoncino per raffigurare una balena a tutto tondo, altre volte illustra solo la sua coda con sotto scritto moby dick a ripetizione e altre ancora la scolpisce. Scolpisce la sua coda con del legno e la infila dentro a un muro, come se si tuffasse dentro a uno spazio ignoto. In Moby Dick oltre alle scene di caccia si affronta il tema dell’ignoto: la paura, la speranza, lo stupore, la diversità. La balena rappresenta l’ignoto che l’uomo insegue e che non può conoscere mai.

Forse è un po’ così anche l’arte in se’ e quella di Pascali. Ricerca, scoperta, reinvenzione, stupore.

“Lascio una scia bianca e torbida; pallide acque, gote ancor più pallide, dovunque io navighi. I flutti gelosi si gonfiano ai lati per sommergere la mia traccia; lo facciano; ma prima io passo”.

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