In 4 opere. Damien Hirst (Bristol, 1965).

Vegani. Vegetariani. Animalisti. No alle pellicce. No al consumismo.

“Ma quando è arte è arte”

“Ma questa non è arte”

Come fa l’artista inglese a concentrare questo dibattito su di se’?

 

  1. The physical impossibility of death in the mind of someone living, 1991:

The physical impossibility of death in the mind of someone living, Damien Hirst, 1991

Anni ’90. Anni del consumismo. Cosa fa il genio di Bristol? Compra uno squalo. Ma dove? Come si compra uno squalo? Damien Hirst prima di essere Damien Hirst era un centralinista. Vendere – comprare. Mercato e consumismo sono stati in un modo o nell’altro sempre presenti nella sua vita: i compratori e venditori però adesso sono cambiati, nonostante le modalità non lo siano del tutto. “Cercasi squalo”, semplicemente. L’artista ex centralinista telefona e tappezza località costiere australiane con l’annuncio “cercasi” e Vic Hislop risponde, un pescatore di Hervey Bay (località nell’Oceano Pacifico) che cattura, vende e spedisce a Londra all’interessato uno squalo tigre lungo 4 metri per 6000 dollari: 4000 per la cattura e 2000 per imballaggio e spedizione. Hirst aiutato dal collezionista e pubblicitario Charles Saatchi compra, intitola ed espone il suo animale nel 1991. Usa 848 litri di formaldeide e 200 siringhe iniettate per l’imbalsamazione.

Ecco l’opera: The physical impossibility of death in the mind of someone living, ovvero l’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo.

Nel 2004 Saatchi rivende lo squalo di Hirst a un finanziere americano, Steven Cohen. Per quanto? Per 12 milioni di dollari. Cosa succede però? Che l’impossibilità fisica della morte si deteriora per difetti d’imbalsamazione. Damien Hirst non si arrende e continua l’operazione consumo. Chiama il suo pescatore Vic e stavolta ne compra altri cinque di squali, ottenendone un sesto come omaggio.

  1. In and out of love, 1991:

In and Out of Love (Butterfly Paintings and Ashtrays), 1991, Damien Hirst

In and out of love, 1991, Damien Hirst

Farfalle, lepidotteri, tele, mozziconi di sigarette… tutto in una stanza. Ecco l’opera di Damien Hirst che comunica vita, amore, bellezza e morte. La bellezza di miliardi di farfalle tropicali in via di estinzione, prima vive e poi non più. Prima volta esposta nel 1991. Seconda volta esposta alla Tate Modern nel 2012 in occasione della personale dedicata all’artista. Funziona così: entri dentro la prima sala espositiva con le tele colorate appese ai muri e mozziconi spenti nei posaceneri su tavoloni al centro della sala. Nella seconda sala invece ci sono tele bianche con piante appoggiate appese ai muri e tavoloni al centro con sopra ciotole di frutta fresca. Le bellissime farfalle ti svolazzano accanto tra una sala e l’altra, ma pian piano che ti avvicini le vedi sempre di più: morte stecchite o ferite o catturate nelle belle tele colorate e bianche. Enorme incasso (quasi 3mila visitatori al giorno) ed enorme polemica: gli animalisti vanno in bestia (400 farfalle morte o ferite ogni settimana). Mostra durata in totale 23 settimane: 400 farfalle x 23 settimane equivale a 9.200 morti: la strage delle farfalle.

  1. For the love of God, 2007:

For the Love of God, 2007, Damien Hirst

“Per l’amor di Dio” esclama la mamma di Damien quando il figlio artista le racconta l’idea della sua prossima opera:

Un teschio umano fuso in platino. Con denti veri, puliti ben bene da un dentista e poi attaccati al teschio ricoperto di diamanti. 8.601 diamanti per l’esattezza. E dove li prende questi diamanti? La gioielleria Bentley & Skinner di Bond Street a Londra pensa a tutto. Segue le direttive dell’artista, aiutandolo a creare “For the Love of God”: ossa morte brillantinose. Così l’artista continua a sviluppare e a comunicare il suo concetto di morte, la sua visione dell’oltretomba che si porta dietro fin da ragazzino. Espone il teschio, costato 14 milioni di sterline per l’esecuzione, alla White Cube Gallery di Londra nel 2007, che viene venduto al prezzo di 50 milioni. Comprare – vendere.

  1. The Golden Calf, 2008:

The Golden Calf, 2008, Damien Hirst

L’artista Hirst interpreta a pennello il vitello d’oro di biblica memoria e lo personifica per davvero. Un vitello imbalsamato in una bella teca trasparente, con corna e zoccoletti d’oro. Venduta all’asta di Sotheby’s di Londra il 15 settembre 2008.

A chi? A un finanziere affezionato.

A quanto? 10, 35 milioni di sterline.

Hirst vince la sfida: 15 settembre 2008, nuovo record nel mercato delle aste di arte contemporanea.

Ma chi è a perderla?

Lehman Brothers, 15 settembre 2008: banca pilastro degli Stati Uniti d’America dichiara bancarotta con debiti accumulati di oltre 600 miliardi di dollari. La banca dallo slogan Where vision gets built, ovvero Dove la visione viene costruita crolla esattamente lo stesso giorno in cui il grande venditore d’arte o artista o visionario esclama “Amo l’arte e questo prova che non sono il solo e che il futuro appare roseo per tutti”. Forse non proprio per tutti tutti.

Una strana coincidenza tra il mercato dell’arte e quello finanziario. Una strana visione. Una strana interpretazione.

 

“Ma quando è arte è arte!”

“Ma questa non è arte!”

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